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La leggenda di Tazio Nuvolari, il “mantovano volante”, ha le sue radici in un uomo nato il 16 novembre 1892, il cui nome sarebbe diventato sinonimo di audacia, velocità e coraggio tanto in Italia quanto all’estero. Questo racconto ci porterà alla scoperta della sua straordinaria carriera e della sua determinazione imperturbabile nel mondo dell’automobilismo.

Nuvolari, soprannominato il “mantovano volante” dal celebre poeta Gabriele D’Annunzio negli anni ’30, sfidò gli dèi dell’antica Grecia che punivano l’eccessiva superbia e la ricerca di sfide impossibili. Contrariamente a questa antica credenza, Nuvolari dimostrò che il coraggio e la determinazione potevano trasformarlo in un vero campione, anche quando rischiò la vita sette volte e salì al primo posto sul podio 141 volte.

Nato a Castel d’Adrio, non lontano da Mantova, il giovane Tazio mostrò fin da piccolo un interesse per la velocità, influenzato dalle gesta ciclistiche di suo zio Giuseppe. A 13 anni, suo zio gli regalò la sua prima motocicletta, scatenando così la sua passione per i motori. Nel 1915, si arruolò come autista di ambulanze della Croce Rossa durante la prima guerra mondiale.

Dopo il ritorno dal fronte, Nuvolari tornò alle due ruote e ottenne la licenza necessaria per correre in moto. Nel 1920, esordì al circuito di Cremona su una Della Ferrera, anche se la gara non andò bene. I primi successi arrivarono due anni dopo, quando vinse il campionato provinciale di Mantova in sella a una Harley-Davidson. Tuttavia, il suo desiderio di correre su quattro ruote non si era ancora realizzato a causa delle limitate risorse finanziarie.

La svolta avvenne nel 1926, quando Nuvolari investì nel suo sogno, acquistando una Bugatti e lanciando la sua carriera automobilistica. Da quel momento in poi, “Nivola”, come veniva affettuosamente chiamato dai suoi fan, divenne una figura iconica nelle corse automobilistiche. Venne notato dalla Alfa Romeo, che lo reclutò nella loro squadra, mettendolo al volante delle loro vetture senza che dovesse pagare di tasca sua.

La rivalità epica tra Nuvolari e Achille Varzi, un altro grande pilota dell’epoca, alimentò l’interesse del pubblico. In una delle gare più memorabili tra i due, Nuvolari oscurò i fari della sua auto per sorprendere Varzi e lo superò sul traguardo. Questo episodio enfatizzò la sua audacia e determinazione, rendendolo ancora più amato dai tifosi.

Nuvolari era noto per il suo stile di guida unico, soprattutto per la “sbandata controllata”, una manovra spettacolare e apparentemente pericolosa che fece diventare famoso. Questa tecnica di guida insolita attirò l’attenzione e l’ammirazione di molti, tra cui il fondatore della Ferrari, Enzo Ferrari.

Negli anni ’30, Nuvolari divenne una celebrità anche tra i personaggi famosi e politici. Gabriele D’Annunzio gli regalò una tartaruga d’oro con una dedica speciale, e persino Mussolini fu affascinato dalle sue imprese sportive. Il duce lo invitò e lo fotografò con la sua celebre Alfa Romeo per scopi propagandistici.

Tuttavia, il vero momento di gloria di Nuvolari sarebbe arrivato nel 1935, quando affrontò le potenti vetture tedesche nel Gran Premio di Germania sul circuito del Nürburgring. Nonostante l’inferiorità del suo veicolo, Nuvolari compì una performance epica, rimontando oltre 70 secondi di ritardo e superando il leader, Manfred von Brauchitsch, nel giro finale. Questa vittoria incredibile gli valse il plauso di Hitler e del pubblico, consolidando la sua leggenda.

Nonostante i successi continui, gli anni di vittorie di Nuvolari si avvicinavano alla fine. Affrontò tragedie personali, tra cui la perdita di due figli e problemi di salute dovuti all’inalazione dei gas di scarico durante le corse. Nonostante ciò, continuò a gareggiare fino all’ultimo, dimostrando la sua passione inarrestabile per l’automobilismo. La sua ultima corsa fu nel 1950, ma la salute lo stava tradendo.

La Morte di Nuvolari

Nuvolari non fece mai un annuncio ufficiale del suo ritiro, ma la sua condizione di salute peggiorava progressivamente, e si ritirò gradualmente dal mondo delle corse, diventando sempre più isolato. Nel 1952, subì un ictus che lo lasciò con una paralisi parziale, e poi, l’anno successivo, il 11 agosto, ci lasciò a causa di un altro ictus. I suoi funerali si tennero a Mantova il 13 agosto 1953, con la partecipazione di una folla stimata tra 25.000 e 55.000 persone. Durante il lungo corteo funebre, la bara di Nuvolari fu posta sul telaio di un’auto, scortata da Alberto Ascari, Luigi Villoresi e Juan Manuel Fangio. In accordo con i suoi desideri, venne sepolto nel cimitero monumentale di Mantova, indossando gli abiti che aveva sempre portato in modo superstizioso durante le corse: il suo maglione giallo con il monogramma, i pantaloni azzurri e il gilet di pelle marrone. Accanto a lui, il suo volante preferito. Alla cerimonia funebre era presente anche Enzo Ferrari, che dichiarò:

«…non appena mi giunse notizia della sua fine partii per Mantova. Nella fretta mi persi in un dedalo di strade sconosciute della città. Scesi di macchina, chiesi a un negozio di stagnino la via per villa Nuvolari. Ne uscì un anziano operaio, che prima di rispondermi fece un giro intorno alla macchina, per leggere la targa. Capì, mi prese una mano e la strinse con calore. “Grazie di essere venuto” — bisbigliò commosso — “Come quello là non ne nasceranno più”.»

Link Utili:
Museo Tazio Nuvolari
Wikipedia
Circuito Tazio Nuvolari
Motor web museum
Cinema: Quando corre Nuvolari

Curiosità su Tazio Nuvolari

Quanto era alto Tazio Nuvolari?

Era alto 1,64 m e pesava 65 kg: una statura da fantino ma con muscoli d’acciaio e nervi a prova di ogni stress.

Che macchina guidava Tazio Nuvolari?

Tazio si arrabatta come può. Alterna freneticamente l’auto alla moto, fra una corsa e l’altra commercia in automobili: vende Bianchi, Scat, Alfa Romeo e Lancia. Cambia spesso macchina anche in corsa: Bugatti 35C, OM 665 Speciale, Alfa Romeo 6C 1750 SS, Talbot 1500.

La moglie di Tazio Nuvolari

Carolina Perrina Nuvolari

Come sono morti i figli di Nuvolari?

Dopo il conflitto Nuvolari era l’ombra di se stesso, provato soprattutto dalla morte dei figli, entrambi giovanissimi, a nove anni di distanza l’uno dall’altro: Giorgio per miocardite nel 1937 e Alberto per nefrite nel 1946.