Spread the love

di Pasquale Lettieri

Le avanguardie del Novecento hanno lasciato una scia luminosa che ancora oggi attraversa il nostro tempo. Hanno trasformato la sperimentazione in uno stile di vita, in un criterio estetico, ma anche in un dogma: ciò che è sperimentale o originale viene spesso percepito come “migliore” per definizione.

Mauro Maurizio Palumbo parte proprio da qui, da questa consapevolezza critica, per indagare i linguaggi del presente e le loro derive. Con la performance exPost mette in scena un mondo in cui il corpo diventa gesto, simbolo, scultura viva. La sperimentazione non è solo forma: è una risposta alle crisi della cultura, ai ritmi frenetici del cambiamento, alla disintegrazione delle coordinate di spazio e tempo che definivano la nostra identità.

In questo scenario, la ricerca artistica si trasforma in una necessità: l’unico modo per non soccombere all’invadenza dell’iperrealtà tecnologica e alla spettacolarizzazione della vita quotidiana. L’individuo perde centralità, diventa un accessorio, un dato. Reale o virtuale, non fa differenza. Conta solo ciò che appare.

Così anche la provocazione artistica cambia volto: non più estrema, cruda, disturbante come negli anni Settanta — ma sottile, seducente, sensuale. exPost mette in scena corpi silenziosi, intrecci muti, relazioni negate nel gesto del tatto. Un’intimità condivisa, ma schermata. Tutti possono guardare, nessuno può toccare.

Palumbo riflette sull’eros in un’epoca dominata dal pornografico e dal perverso. Ma lo fa con un’estetica che apre, non chiude; che espande il senso, non lo riduce. La performance si fa memoria visiva, si appoggia a fotografia, video, pittura: ogni gesto cerca di sottrarsi all’oblio, trasformandosi in immagine, documento, permanenza.

E proprio la fotografia, oggi più che mai integrata nel sistema dell’arte e del mercato, si conferma medium privilegiato: ma ha bisogno di corpi, di presenza, di un “prima” che la giustifichi. In questo senso, exPost diventa un habeas corpus contemporaneo: un’eresia del corpo che rifiuta l’omologazione, e invece rivendica la differenza, l’intuizione, la sensibilità.

Un viaggio tra conscio e inconscio, tra pensiero e istinto, tra estetica e vita. Dove il corpo è ancora un campo di battaglia, un luogo di verità. E l’arte, più che rappresentare, si fa esperienza, domanda, possibilità.